lunedì 26 aprile 2010

Sindacato Miliardari - Le meraviglie della Siae

Pochi sanno che la Siae, Società Italiana Autori ed Editori -- uno di quegli strani "sindacati" corporativi che riuniscono insieme quelle che dovrebbero essere controparti (Autori & Editori) -- chiede e incassa i diritti per l'esecuzione dell'inno d'Italia prima delle cerimonie sportive.
La cosa ha dell'incredibile, soprattutto se si pensa che l'Inno di Mameli, per definizione, dovrebbe essere patrimonio nazionale e l'eventuale esibizione dovrebbe essere incoraggiata in ogni modo, invece che penalizzata da una procedura burocratica volta ad incassare un compenso variabile da alcune decine di euro fino a 290 euro per una partita nazionale.

La Siae, che a parole difende la cultura e provvede che i poveri autori delle opere dell'ingegno ricevano il loro compenso, più o meno per la musica funziona così: tutti gli incassi delle esecuzioni che non possono essere esattamente determinati (le vendite dei dischi sono determinate con buona approssimazione; le esecuzioni pubbliche di musica varia attraverso radio, filodiffusione, impianti audiovisivi posti in locali pubblici invece no), compreso il famoso equo compenso sui supporti magnetici, vengono divisi forfettariamente fra tutti gli autori, detratti i costi di gestione della Siae stessa, in proporzione alle loro vendite.

Questo significa questo (semplificando, perché i criteri effettivi sono molto complessi): la Siae incassa i soldi dell'esecuzione dell'Inno di Mameli. Parte di questi soldi servono a coprire il funzionamento della Siae stessa (e gli stipendi dei suoi dirigenti). Siccome in genere non è possibile identificare chi sono esattamente gli esecutori aventi diritto di quella particolare esecuzione dell'inno, il resto viene diviso in proporzione alle vendite fra tutti gli autori iscritti alla Siae: grandi parolieri, autori televisivi, cantanti famosi. In pratica, in questo caso, soldi che vengono chiesti ad associazioni sportive non profit per trasferirli principalmente a qualche centinaio di milionari in euro, già ricchi dai diritti delle vendite dei loro dischi, o già più che benestanti grazie al loro lavoro di autori tv. Qualche briciola agli altri.

Lo stesso meccanismo vale per i soldi incassati per l'equo compenso, la tassa su cd e dvd vergini, dishi rigidi, riproduttori Mp3, iPod, e marchingegni audiovisivi vari. Una vera e propria spartizione fra alti dirigenti (che derivano il loro potere dal fatto di amministrare queste enormi somme di denaro) e autori già ricchi.

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