domenica 21 marzo 2010

Libertà di stampa. Una notizia cattiva e una quasi buona

Secondo questa ricerca dell'Australian Centre for Independent Journalism, ripresa in italiano dal blog Libertà di stampa diritto all'informazione, più della metà degli articoli dei giornali esaminati erano ispirati da comunicati stampa e attività di pubbliche relazioni aziendali.

Si tratta di due notizie, una cattiva e una quasi buona:

  • Quella cattiva: gran parte di quel che leggiamo (o peggio ancora sentiamo alla radio o vediamo in tv) è influenzata direttamente o indirettamente dalla propaganda aziendale e politica.

  • Quella quasi buona: senza il finanziamento diretto e indiretto della pubblicità aziendale, forse la libertà di stampa non esisterebbe o sarebbe molto meno sviluppata.

È difficile immaginare un mondo in cui stampa, radio e tv sono interamente pagati dai lettori e dagli abbonati. Salvo rare eccezioni, le pubblicazioni prive di pubblicità sono molto costose e, in genere, hanno una circolazione molto limitata perché solo poche persone sono così interessate a quel tipo di informazione per pagarne il prezzo elevato. Di solito si tratta di pubblicazioni medico-scientifiche (che peraltro spesso sono fortemente influenzate dalle industrie farmaceutiche, in modo ancora più indiretto rispetto al finanziamento pubblicitario: col finanziamento delle ricerche), pubblicazioni settoriali o professionali, pubblicazioni finanziarie.

Un'eccezione, almeno in Italia, è il mensile Altroconsumo, corazzata editoriale dell'associazione omonima. Con circa 300.000 soci-abbonati è un mensile totalmente privo di pubblicità. Per 11 numeri costa 78 € (circa 7 euro a numero), mentre in edicola costa una decina di euro. La stampa è a colori ma molto spartana, con una foliazione intorno alle 90 pagine. Per fare un esempio a contrasto, Wired Italia, una pubblicazione Condé Nast, con una foliazione doppia e una stampa di qualità superiore, fortemente basata per il suo bilancio anche sulla pubblicità, costa meno della metà in edicola, e viene fortemente promossa in abbonamento (intorno ai 20 € annui, meno di un terzo del costo di Altroconsumo). [Nota: sono abbonato con soddisfazione a entrambe le pubblicazioni, ad Altroconsumo da oltre quindici anni, quindi non sto formulando una critica o un giudizio di valore sulle due diverse strategie editoriali]

Altroconsumo riesce nel suo proposito di uscire in edicola e in abbonamento senza pubblicità con queste tirature (300.000 copie rappresentano una pubblicazione di massa, in Italia: è l'ordine di grandezza di newsmagazine come L'Espresso e Panorama) per tre motivi: interesse generale (tutti sono consumatori, quindi potenzialmente interessati all'informazione obiettiva sui prodotti e ai numerosi test comparativi realizzati internazionalmente dal gruppo di associazioni di cui Altroconsumo fa parte); costi al lettore relativamente elevati (un prezzo più che doppio rispetto a pubblicazioni "più ricche" in termini di pagine, stampa e quantità di testo redazionale); una grande aggressività di marketing (chi diventa socio di Altroconsumo viene, anche giustamente, bombardato di offerte di abbonamento e acquisto di altre riviste, pubblicazioni e servizi dell'associazione). Con tutto questo i suoi prezzi di copertina e di abbonamento sono oltre il doppio di altri prodotti editoriali con analoga diffusione.

Infatti, le testate che si reggono esclusivamente sulle loro vendite, senza ospitare nessuna pubblicità sono eccezioni e non la regola. Il motivo: gran parte del costo del periodico o del quotidiano che compriamo in edicola o che riceviamo in abbonamento, viene pagato dalla pubblicità, direttamente o indirettamente.

Cosa significa questo? Secondo me:

  1. La pubblicità finanzia la libertà di stampa perché solo una piccola quota di lettori sarebbe disponibile a pagare l'intero prezzo della pubblicazione che trova in edicola (in genere superiore al doppio del prezzo di copertina);
  2. Comunque gran parte delle cose che leggiamo sui giornali o vediamo in tv, è o può essere condizionato o influenzato dalla pubblicità e dalla propaganda. Quindi bisogna imparare a fare attenzione e decodificare la comunicazione. NON credere a tutto quello che si vede in tv o si legge sui giornali dovrebbe essere insegnato a scuola, a partire dalle scuole elementari se non dall'asilo infantile.
  3. La libertà di stampa nel complesso è tutelata soprattutto dalla pluralità delle voci, che devono essere incoraggiate il più possibile. E un mercato pubblicitario sano e trasparente ha un ruolo importante nel favorire la pluralità delle voti (il problema italiano è che il mercato della pubblicità è particolarmente malato e opaco, con gravissime commistioni con la politica e la finanza).

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