venerdì 26 marzo 2010

Programmi elettorali: Destra e Sinistra a confronto

Entro il 21 dicembre 2012 il Partito dell'Amore sconfiggerà il cancro.

Purtroppo, entro la stessa data, il Partito dell'Odio causerà la fine del mondo.

martedì 23 marzo 2010

Copyright: quel che è mio è mio, e quel che è tuo è mio

Un'interessante gaffe industriale-editoriale.

Giulio Mozzi, scrittore professionista e redattore di una casa editrice manda un articolo al supplemento del Sole 24 Ore per intervenire in un dibattito sulla letteratura. Chi dirige il supplemento decide di pubblicarlo e, sotto l'articolo, appare la scritta © Riproduzione riservata.

Ma l'articolo di chi è? Di chi l'ha scritto o di chi lo pubblica?

In realtà la dicitura © Riproduzione riservata può anche voler dire semplicemente: "guarda, se vuoi riprodurre questo articolo, prima devi chiedere e metterti d'accordo con noi". Ma questo contrasta, ad sempio, con la logica di Internet, in cui si linka e si cita (in genere) liberamente e, sempre in genere, si desidera essere linkati e citati il più possibile.

Inoltre -- anche se nella realtà l'incidente è dovuto semplicemente al fatto che chi impagina mette la dicitura automaticamente in fondo a qualsiasi articolo, a meno che non gli dicano di non farlo -- l'episodio rappresenta bene l'arroganza che spesso i Grandi Editori Italiani dimostrano nei confronti di Internet, dei colleghi più piccoli e anche dei loro lettori: rendono difficile l'accesso ai loro contenuti, ma saccheggiano a piene mani dai contenuti altrui: video user-generated che vengono etichettati come la Web TV del Grande Editore, copia-incolla di comunicati stampa, persino copia e incolla da Wikipedia o copia e traduci da siti stranieri.

Lezioni di giornalismo (14) - Fraintendere e mai mettere link

La Repubblica online pubblica uno scoop: Gesù e i dodici Apostoli erano degli abbuffoni.

In realtà, andando a cercare la notizia originale, si tratta di una ricerca sull'evoluzione del cibo a tavola prendendo come misura la rappresentazione di piatti e portate in 52 dipinti che rappresentano l'Ultima Cena, realizzati nell'arco di alcuni secoli, come si capisce chiaramente qui, nel comunicato stampa Reuters.

Da questo esempio di alto giornalismo si desumono alcune leggi generali:

  1. Fare il titolo ad effetto è più importante che comunicare la notizia;
  2. Le fonti vanno citate in modo generico ("due ricercatori americani della Cornell University")
  3. I link alla fonte originale non si mettono mai ("sennò che testata autorevole saremmo?")

Il comunicato stampa della Cornell University si trova qui (neanche la Reuters l'ha linkato).

(Da una segnalazione di Maurizio Galluzzo su Facebook)

lunedì 22 marzo 2010

Una piccola riformina fiscale di grande effetto

Marco Massarotto ha avuto un'ottima idea. Io ne aggiungo un'altra:

Una riforma fiscale molto semplice e di grande effetto sarebbe questa:

Le fatture hanno valore fiscale solo ad avvenuto pagamento.

Una piccola riforma come questa avrebbe un effetto propulsivo enorme per tutte le piccole imprese, oltre a moralizzare un po’ tutti gli scambi commerciali. Anche il commercio di false fatture, molto attivo in Italia, verrebbe frenato o reso più difficile.

domenica 21 marzo 2010

Libertà di stampa. Una notizia cattiva e una quasi buona

Secondo questa ricerca dell'Australian Centre for Independent Journalism, ripresa in italiano dal blog Libertà di stampa diritto all'informazione, più della metà degli articoli dei giornali esaminati erano ispirati da comunicati stampa e attività di pubbliche relazioni aziendali.

Si tratta di due notizie, una cattiva e una quasi buona:

  • Quella cattiva: gran parte di quel che leggiamo (o peggio ancora sentiamo alla radio o vediamo in tv) è influenzata direttamente o indirettamente dalla propaganda aziendale e politica.

  • Quella quasi buona: senza il finanziamento diretto e indiretto della pubblicità aziendale, forse la libertà di stampa non esisterebbe o sarebbe molto meno sviluppata.

È difficile immaginare un mondo in cui stampa, radio e tv sono interamente pagati dai lettori e dagli abbonati. Salvo rare eccezioni, le pubblicazioni prive di pubblicità sono molto costose e, in genere, hanno una circolazione molto limitata perché solo poche persone sono così interessate a quel tipo di informazione per pagarne il prezzo elevato. Di solito si tratta di pubblicazioni medico-scientifiche (che peraltro spesso sono fortemente influenzate dalle industrie farmaceutiche, in modo ancora più indiretto rispetto al finanziamento pubblicitario: col finanziamento delle ricerche), pubblicazioni settoriali o professionali, pubblicazioni finanziarie.

Un'eccezione, almeno in Italia, è il mensile Altroconsumo, corazzata editoriale dell'associazione omonima. Con circa 300.000 soci-abbonati è un mensile totalmente privo di pubblicità. Per 11 numeri costa 78 € (circa 7 euro a numero), mentre in edicola costa una decina di euro. La stampa è a colori ma molto spartana, con una foliazione intorno alle 90 pagine. Per fare un esempio a contrasto, Wired Italia, una pubblicazione Condé Nast, con una foliazione doppia e una stampa di qualità superiore, fortemente basata per il suo bilancio anche sulla pubblicità, costa meno della metà in edicola, e viene fortemente promossa in abbonamento (intorno ai 20 € annui, meno di un terzo del costo di Altroconsumo). [Nota: sono abbonato con soddisfazione a entrambe le pubblicazioni, ad Altroconsumo da oltre quindici anni, quindi non sto formulando una critica o un giudizio di valore sulle due diverse strategie editoriali]

Altroconsumo riesce nel suo proposito di uscire in edicola e in abbonamento senza pubblicità con queste tirature (300.000 copie rappresentano una pubblicazione di massa, in Italia: è l'ordine di grandezza di newsmagazine come L'Espresso e Panorama) per tre motivi: interesse generale (tutti sono consumatori, quindi potenzialmente interessati all'informazione obiettiva sui prodotti e ai numerosi test comparativi realizzati internazionalmente dal gruppo di associazioni di cui Altroconsumo fa parte); costi al lettore relativamente elevati (un prezzo più che doppio rispetto a pubblicazioni "più ricche" in termini di pagine, stampa e quantità di testo redazionale); una grande aggressività di marketing (chi diventa socio di Altroconsumo viene, anche giustamente, bombardato di offerte di abbonamento e acquisto di altre riviste, pubblicazioni e servizi dell'associazione). Con tutto questo i suoi prezzi di copertina e di abbonamento sono oltre il doppio di altri prodotti editoriali con analoga diffusione.

Infatti, le testate che si reggono esclusivamente sulle loro vendite, senza ospitare nessuna pubblicità sono eccezioni e non la regola. Il motivo: gran parte del costo del periodico o del quotidiano che compriamo in edicola o che riceviamo in abbonamento, viene pagato dalla pubblicità, direttamente o indirettamente.

Cosa significa questo? Secondo me:

  1. La pubblicità finanzia la libertà di stampa perché solo una piccola quota di lettori sarebbe disponibile a pagare l'intero prezzo della pubblicazione che trova in edicola (in genere superiore al doppio del prezzo di copertina);
  2. Comunque gran parte delle cose che leggiamo sui giornali o vediamo in tv, è o può essere condizionato o influenzato dalla pubblicità e dalla propaganda. Quindi bisogna imparare a fare attenzione e decodificare la comunicazione. NON credere a tutto quello che si vede in tv o si legge sui giornali dovrebbe essere insegnato a scuola, a partire dalle scuole elementari se non dall'asilo infantile.
  3. La libertà di stampa nel complesso è tutelata soprattutto dalla pluralità delle voci, che devono essere incoraggiate il più possibile. E un mercato pubblicitario sano e trasparente ha un ruolo importante nel favorire la pluralità delle voti (il problema italiano è che il mercato della pubblicità è particolarmente malato e opaco, con gravissime commistioni con la politica e la finanza).

venerdì 19 marzo 2010

"Urgente"

"Urgente", la parola che precede qualsiasi briefing nelle agenzie italiane. Quando una cosa è "urgente", nel 90% dei casi vuol dire che è stata gestita male.

mercoledì 17 marzo 2010

Lezioni di giornalismo (13): nei titoli quel che conta è l'effetto.

Il Corriere della Sera titola: "Usa: Facebook supera Google." Sarà vero? Forse no. Infatti basta leggere l'analisi di Paolo Attivissimo sul suo Disinformatico. In realtà le visite alla home page di Facebook superano le visite alla home page di Google solo se NON si tiene conto di quanti utilizzano i servizi di Google attraverso altre fonti. Ma nei titoli quel che conta è l'effetto, non che ci sia corrispondenza fra quello che viene detto nel titolo e quello che viene detto nell'articolo.

martedì 16 marzo 2010

Il Paese dei Balocchi: la scuola riformata e gestita da Pinocchio

Una volta cose del genere accadevano solo nei reparti marketing delle grandi aziende italiane (dove lavoravano i dirigenti destinati a non fare carriera) che ribaltavano il loro disordine mentale sulle malcapitate agenzie pubblicitarie di turno chiedendo progetti per ieri senza fornire né obiettivi né indicazioni. Oggi tutta Italia è trasformata in un work in progress gestito in modo casuale, a partire dalla scuola e dai licei.

Per scoprire il livello di improvvisazione raggiunto (una riforma della scuola senza testi scolastici...) basta leggere qui.

Tecniche di disinformazione

Qui Bruno Ballardini spiega come funzionano alcune tecniche di disinformazione governative: "anziché controbattere ad un’affermazione, ci si sofferma sul rapporto fra chi la fa e le circostanze in cui si trova". In sintesi, "anche un pazzo può dire la verità" (anzi, spesso chi dice la verità è un po' matto): soffermarsi insistentemente sul fatto che è pazzo è un modo per nascondere la verità.

lunedì 8 marzo 2010

8 marzo 2010

L'8 marzo è prorogato fino alle ore dodici del 9 marzo. Per ore dodici si intende: dodici, dodici e trenta, anche una meno un quarto. E' consentito festeggiare con un semplice augurio, con un aperitivo, un aperitivo rinforzato o anche un pasto completo. In questo caso il termine per caffè e limoncello viene spostato alle ore 15, il cui termine va inteso entro e non oltre le ore 15.59. Il termine delle 15.59 va però inteso come non tassativo.

mercoledì 3 marzo 2010

Lezioni di giornalismo (12): verificare che il servizio sia stato gradito dall'amico

Il bravo giornalista dei media tradizionali controlla i pezzi sia prima che dopo.

Prima
, perché non contengano errori. Dopo, per verificare che siano piaciuti all'amico a cui si rende il favore. Ecco ad esempio uno stralcio di una conversazione telefonica del direttore del TG1 Augusto Minzolini, pubblicata qui dal Corriere della Sera:

"Tre giorni dopo Minzolini chiama Balducci.
Minzolini: allora ... ti è piaciuto?
Balducci:... grazie ... bellissimo.
Minzolini:... è stato proprio bello il servizio ... devo dire che lui è bravo ma anche Mollica è per queste cose.
Balducci:... guarda.. il servizio è venuto benissimo proprio, anche le scene poi si prestavano bene. Minzolini:...come no, infatti erano proprio bellissimi quei...
Balducci: io non ho parole.
Minzolini:...macchè! ... lascia perdere ... volevo soltanto sapere se ti è piaciuto... lui è contento? Balducci:... molto guarda ...
Minzolini:... memo male ... lì è una specie di investitura sai no? ... in quel mondo lì ...(ride)
Balducci: io ti, ovviamente ti avrei chiamato stasera perché non ti volevo
Minzolini: ma che scherzi? ... non ti preoccupare ... volevo sapere così .. son contento
Balducci:...ci vediamo presto?
Minzolini:...quando ti pare. "