mercoledì 20 gennaio 2010

Manifesto del lavoro piacevole


Secondo me bisognerebbe scoprire nuovo diritto umano: Il lavoro deve essere piacevole.

Non dico che debba essere una continua successione di momenti piacevoli e un flusso di felicità. Anche lo sport, che generalmente viene praticato per libera scelta nel tempo libero, comporta sacrifici e fatica.

Ma il lavoro, come lo sport, deve restituire qualcosa in termini di piacere e di soddisfazione. Ogni giorno. È un diritto e una richiesta cui è indispensabile rispondere.

Un concetto del genere probabilmente può sorprendere chi è legato o condizionato dall'etica del lavoro come punizione. Ma se lavoratori dipendenti, consulenti, professionisti, imprenditori e freelance richiedessero come un diritto per sé e per gli altri anche un ritorno dal lavoro in termini di piacere e soddisfazione spirituale, probabilmente ci sarebbero meno nevrosi, meno problemi e anche una conflittualità più feconda, invece che semplicemente orientata a costi e retribuzioni in un'ottica a somma zero (cento euro in più al lavoratore sono cento euro in meno per l'imprenditore: non sempre è così).

Un'obiezione che si potrebbe fare è: ma la gente ha fame, guadagna poco, fa fatica ad arrivare alla fine del mese. Parlare di "piacere" sul lavoro è un lusso.

No. Uno dei lavori più duri del mondo probabilmente è l'agricoltura svolta con mezzi tradizionali. Mio nonno aveva un'azienda agricola che nei primi anni sessanta portava avanti con l'aiuto di un operaio, senza alcuna macchina agricola propria eccetto il torchio per pigiare il vino. Il contadino che zappa tutto il giorno, quando alza gli occhi prova il piacere e la soddisfazione di vedere il pezzetto di terra che ha appena dissodato. È stanco, ma può essere soddisfatto. Allo stesso modo il muratore quando guarda il pezzo di muro che ha tirato su nella giornata.

Il lavoro deve essere piacevole. Deve offrire dei momenti di piacere e soddisfazione, tanto in ufficio quanto alla catena di montaggio, e questo deve essere un diritto imprescindibile e un criterio che orienti le politiche del lavoro.

Se il piacere sul lavoro diventasse un diritto compreso e condiviso, molti problemi potrebbero essere attenuati o risolti.

AGGIORNAMENTO - Qui un'intervista al sociologo Domenico De Masi che parla di tre nuove categorie di lavoro: il lavoro manuale ripetitivo, il lavoro intellettuale ripetitivo e il lavoro intellettuale "creativo".

1 commento:

Marina Salomone ha detto...

Parole sacrosante! Molti avori, come accade con il mio, di per se sarebbero piacevoli, ma, devo osservare con disgusto, in questi ultimi anni (e proprio a causa delle tendenze politiche ed economiche verso cui è orientato il mondo)i dirigenti sono riusciti a farlo diventare noioso, faticoso e spesso nauseante! No, non lavoro allo spurgo pozzi neri, bensì in farmacia :-)